Riconoscere la paura per non farsene travolgere


Quando una fogna diventa una maestra di vita


Dovete sapere che da un paio d’anni mi confronto con un problema che va molto oltre il mio controllo.
Una di quelle situazioni più grandi di te, che non puoi semplicemente ignorare dicendo: “faccio finta che non esiste”.

Volente o nolente, da mesi gestisco un’emergenza legata a una conduttura fognaria comune che dovrebbe essere ripristinata.
È rotta.
E, com’è prevedibile, con il passare del tempo può solo peggiorare.

Sono una persona forte, con molta autoironia, e negli anni ho imparato a reggere carichi emotivi intensi.
Ma dopo tanto tempo persino la “psicologa che è in me” inizia a vacillare.

Perché quando la fogna inizia a riempire parte della tua casa — anche se “solo” la cantina — il cervello si allarma all’istante e ti investe con una quantità di stimoli difficili da reggere.

C’è il rumore dell’acqua che gorgoglia mentre entra:
un suono che ti comunica con brutalità che non la fermerai.

Ci sono gli odori, pestilenziali.

E poi c’è la necessità di avvicinarti proprio a quell’acqua e a quella puzza mentre ogni parte del cervello ti urla di scappare:
la paura delle malattie, l’angoscia irrazionale di essere travolta, il disgusto per ciò che vedi, la tristezza di trovare i tuoi oggetti ricoperti da quella sostanza.

Già questo, da solo, è un carico emotivo enorme.
A cui si sommano tutte le altre cose della vita che continuano a esistere e a chiedere spazio.
Così nasce un senso di allerta costante, un timore di non riuscire a farcela, una fatica profonda che ogni nuovo evento amplifica.

È per questo che dico che questa esperienza è stata una “prova sul campo” delle stesse teorie che insegno ai miei clienti.

Quando l’acqua decide di entrare, tutto accade in un attimo.
E il cervello esplode in un miscuglio di sensazioni che, se non riconosciute, rischiano di travolgerci.

Quello che ho scoperto è che serve ordine interiore.
Una specie di “pulizia mentale”.
Ci vogliono tecniche precise per gestire l’ondata emotiva, e bisogna imparare a separare ciò che sentiamo dal ragionamento lucido.
Perché solo "essere lucidi" può offrirci l'intuizione per capire cosa sta succedendo e cosa possiamo ancora fare per limitare il danno.


“Ma perché non la aggiusti?”

Sapete quante persone me lo hanno chiesto?
Tantissimi.
Convinti che fosse una soluzione semplice.

E qui viene un altro pezzo della storia.

Pochissimi riusciranno davvero a capire cosa state vivendo.
Non per cattiveria o mancanza d’amore, ma perché:

  • per spiegare serve tempo
  • per capire serve ascolto
  • e non tutti hanno mai vissuto qualcosa di simile

Questo crea, col tempo, una sensazione pericolosa: la solitudine.
Quella solitudine che ti fa sentire abbandonato anche quando non lo sei.
E che rischia di trasformarsi in un avvitamento negativo.

Eppure è proprio lì che serve tenere viva la percezione della propria forza e delle proprie possibilità.


Il mio “protocollo" sul frigorifero

Dopo mesi — anzi, anni — ho scoperto che mi aiuta avere accanto un piccolo strumento:
il mio Protocollo (Anti) Panico, appeso sul frigorifero.
Una lista semplice, quasi buffa nella sua essenzialità:

  • apri radar meteo
  • abbigliamento tecnico
  • prepara pompe
  • telefono carico

Eppure mi ricorda, ogni volta:

  • che ce l’ho già fatta
  • tutto ciò che ho imparato strada facendo
  • che posso agganciarmi subito alle azioni concrete, un passo alla volta

Ma soprattutto — mi aiuta a legittimare le mie emozioni.

Sì, certo: provo panico.
Irrazionale, inutile, controproducente… ma reale.

Riconoscere il panico è il primo passo per impedirgli di prendere il controllo.
È così che si impara a prendersi cura di sé, anche in mezzo all’emergenza.
È questa la cosa davvero importante.
Anche quando siete gli unici a saperlo.


La morale della favola

Non abbiate paura di dire che avete paura.
Solo riconoscendo dove siete potrete cominciare a uscire da ciò che vi allarma.

Non aspettate che siano gli altri a capire o convalidare quello che provate.
Chiedetevi piuttosto se ce la state facendo davvero da soli.

Investite sul vostro benessere:
può essere un tecnico che vi aiuta a comprendere un problema concreto, o uno psicologo che vi sostiene nel gestire l’ignoto.

Non rassegnatevi alla paura: imparate a navigarla.
Vi ripagherà mostrandovi parti di voi che forse non ricordavate più: più grandi, più solide, più vere.

E, soprattutto, vi permetterà di riconoscere negli altri la stessa battaglia.
È così che si crea la vera relazione umana: non sopra la forza, ma attraverso la vulnerabilità riconosciuta.


Sono una psicologa e counselor. Mi piace lasciarmi ispirare dalla Natura e dalle favole antiche: in entrambi i casi non esistono sempre finali perfetti, ma sempre storie di trasformazione.

Anche tu vuoi trasformare una parte di te?? [Contattami qui → s.trovati@gmail.com ]